Le vergini suicide di Jeffrey Eugenides – uno spunto brillante che insiste troppo su se stesso

Pubblicato nel 1993, “Le vergini suicide” è il romanzo d’esordio di Jeffrey Eugenides, famoso anche per “Middlesex” e “La trama del matrimonio”.

Il libro non mi ha entusiasmato: l’ho trovato ripetitivo e inutilmente lento, soprattutto dopo la prima metà. Peccato perché l’idea narrativa e il personaggio delle sorelle Lisbon sono davvero accattivanti e originali. Non per niente il film di Sofia Coppola “Il giardino delle vergini suicide” all’epoca mi era piaciuto molto, anche se nulla eguaglierà mai “Lost in translation”, uno dei miei film preferiti.

La narrazione di Eugenides è ricca di particolari, di allusioni, di termini forbiti ed espressioni bassamente colloquiali, crude descrizioni e immagini liriche, personaggi eterei che diventano improvvisamente prosaici. C’è molta abilità e molto compiacimento in questa scrittura, tanto da diventare quasi un esercizio di stile, a discapito a volte della trama, che ne risulta sfilacciata e indebolita.

Lo spunto narrativo è eccellente e credo sia alla base del successo che ha avuto il libro alla sua uscita. Una voce corale maschile ricorda i fatti avvenuti ventanni prima, in un quartiere residenziale cittadino della provincia americana, pulito, ordinato e banale nella sua quotidianità. A spezzare la monotonia del posto ci pensano le sorelle Lisbon: cinque angeli biondi che incarnano per i ragazzini loro coetanei l’ossessione del femminino. A volte entità indistinta, a volte personalità decisamente autonome, le sorelle infiammano la curiosità dei ragazzi, attratti eppure incapaci di avvicinarsi all’oggetto dei loro pensieri.

Fin dal titolo conosciamo il destino delle ragazze: nel giro di un anno si suicideranno tutte, lasciando interrogativi senza risposta e un senso di malessere e disagio che contaminerà tutto il quartiere. I ragazzi, la voce narrante, hanno rimuginato per anni sui fatti ma non sono riusciti ad arrivare ad altro che congetture senza riscontri. Un mistero che ha avvelenato la loro vita e li ha incatenati per sempre ai ricordi della giovinezza.

Anche la narrazione a poco a poco si fa più paludosa, invischiata nell’oppressione di casa Lisbon, ed è con un senso di sollievo che si chiude l’ultima pagina.

 

8 thoughts on “Le vergini suicide di Jeffrey Eugenides – uno spunto brillante che insiste troppo su se stesso

  1. Non ho letto il libro e non ho visto il film, ma in compenso ho letto Middlesex e ricordo che mi era piaciuto.. credo sia ora di rispolverarlo! Chissà se nel frattempo i gusti sono cambiati.

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  2. Va letto. Stephen King dallo stesso soggetto avrebbe potuto trarre un saltellante thriller sovrannaturale. Jeffrey Eugenides invece annulla qualsiasi suspense e seppellisce la vicenda con un narrato denso e resinoso, che riempie e livella tutto il romanzo. Figure retoriche a non finire, prosa pesante, ripetitiva e appiccicosa… razionalmente dovrebbe essere illeggibile, e invece, incomprensibilmente, è affascinante, e invischia irreversibilmente il lettore. Procede senza alti né bassi, dall’inizio alla fine. Termini il libro, ma non scendi dalla casa sull’albero.

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    • Ecco, in poche righe hai scritto una recensione decisamente migliore della mia. Concordo appieno sulla fascinazione malmostosa del libro e di certo ci vuole un gran talento per suscitarla. Resta però un autore che non amo particolarmente, limite mio.

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